E se per preparare la cena bastasse un clic come per stampare un semplice documento? C’è da dire che la strada è ancora molto lunga, ma il cibo stampato in 3D è già una piccola realtà.

Grazie ai primi modelli di stampante 3D alimentare sono stati “letteralmente stampati” diversi alimenti fra cui: tiramisù, pasta, patate, biscotti, formaggio, pizze e perfino bistecche (plant based)! Si tratta ancora di una tecnologia agli albori, che trova il suo spazio di applicazione in laboratori, nei centri di ricerca e in alcune realtà del settore food pioneristico.

Le potenzialità della stampa 3D del cibo sono ancora tutte da scoprire e magari cambieranno il nostro modo di mangiare nel futuro. Chissà se fra vent’anni saremmo in grado di stampare un hamburger direttamente in casa.

Mani che affettano una cipolla rossa su un tagliere di legno, accanto a fette di peperone

Come funziona la stampa 3D del cibo?

Il principio è simile a quello impiegato della stampa tradizionale per oggetti in 3D con plastica, metallo, o ceramica, ad esempio. Una immagine viene elaborata virtualmente al computer, e a sua volta trasmessa alla stampante. La differenza sta soprattutto nella materia prima della realizzazione in 3D, che in questo caso è composta unicamente da ingredienti commestibili.

La stampante alimentare possiede una sorta di “cartucce”, che vengono caricate con impasti di consistenza morbida o gelatinosa come: puree, creme e composti a base di proteine vegetali. Una volta avviata, la stampante entra in azione e riproduce l’immagine virtuale scelta all’inizio, strato per strato, attraverso l’estrusione di materiali edibili.

L’intero processo viene controllato digitalmente: la stampante deposita piccole quantità di impasto seguendo i contorni della forma preselezionata. La logica di creazione del cibo stampato in 3D è praticamente la stessa che c’è dietro l’utilizzo della sac à poche, ma con una precisione elevata rispetto alla mano dell’uomo. In questo modo è possibile stampare alimenti con tratti, dimensioni e consistenze calibrate al millimetro.

Due donne sorridenti in cucina mentre sfornano cantuccini e altre pietanze dal forno da incasso NEFF

La cottura post-stampa 3D del cibo

E proprio la consistenza è una delle sfide più grandi di questa tecnologia. Le produzioni finora, infatti, tendono a essere per la maggior parte semi-solide, dato che derivano dalla sovrapposizione di strati su strati di impasti morbidi o creme.

Ad esempio, è possibile stampare un hamburger inserendo della carne macinata all’interno delle cartucce. Ma una volta finito il processo di stampa, il cibo rimane molle e comunque crudo.

Per questo, a meno che non si tratti di alimenti che non hanno bisogno di cottura, nella fase post-stampa bisogna effettivamente cucinare alla vecchia maniera. La stampante 3D alimentare, quindi, viene spesso affiancata dai tradizionali elettrodomestici per la cottura come forni o microonde.

Bistecca in cottura su griglia rovente

Dalla carne coltivata al pesce stampato: le alternative prendono forma

Spesso il concetto di “carne coltivata” e “cibo stampato” vengono confusi. In realtà le proteine sintetiche, o la carne coltivata in laboratorio, non sono direttamente collegate alla stampa alimentare. Più che altro, questa tecnologia entra in gioco nelle realizzazioni della cosiddetta Fake Meat.

Le “bistecche” o i “filetti di pesce” stampati non derivano da cellule animali coltivate, ma da ingredienti vegetali. Per questo si parla di Fake Meat, ossia, di “finta carne” o pesce. La stampante serve a replicare l’aspetto estetico di carne e pesce, rendendo più appetibile il consumo di prodotti based plant anche a chi non pratica il veganismo.

Un’alternativa molto interessante per un possibile cambiamento nel modo in cui ci approcciamo al consumo di cibo: più green, più consapevole.

Muffin al cioccolato decorati con crema e mirtilli freschi

Quali sono i vantaggi (e i limiti)?

L’idea in sé di stampare cibo può sembrare eccentrica, o comunque “inutile”, ma in realtà ha una logica ben precisa. Oltre a proporre valide alternative agli alimenti di origine animale, vediamo quali sono i suoi PRO e CONTRO.

PRO

Uno dei principali vantaggi riguarda la sostenibilità. Può contribuire a ridurre lo spreco alimentare, i rifiuti, persino le emissioni, aiutando a risparmiare litri di acqua.

La stampa alimentare rappresenta anche un aiuto non indifferente nella gestione dell’alimentazione in ambito ospedaliero, scolastico o per chi ha bisogni specifici. Ad esempio, può rendere più appetibili e facilmente ingeribili gli alimenti destinati a chi soffre di disfagia, una grave difficoltà nella deglutizione.

E come dimenticare il grande supporto alla pasticceria e al cake design? I dolci, e il cioccolato in particolare, non a caso, sono stati i primi alimenti a essere stampati. Le possibilità di personalizzazione e creazione sono davvero interessanti, soprattutto se messe al servizio dei maestri pasticceri.

CONTRO

La produzione su larga scala è ancora molto molto lontana. Le stampanti alimentari 3D sono costosissime, lente nell’esecuzione e limitate nella scelta degli ingredienti. Non riescono ancora a battere una preparazione “fatta a mano”. Peccano di consistenza, sapore e appetibilità in generale.

Gruppo di amici sorridenti che cucina insieme

Un futuro ancora da costruire

La stampa 3D del cibo non sostituirà la cucina tradizionale. Ma potrebbe diventare un complemento, un’opportunità creativa.

Come tutte le tecnologie emergenti, anche questa richiederà tempo, nonché un dialogo tra scienza e cultura gastronomica. Ma se c’è una cosa certa, è che il modo in cui mangiamo, cuciniamo e pensiamo al cibo è destinato a evolvere.